Se guardiamo alla pandemia, ma sopratutto al COVID come notizia in questa estate 2021, sta passando in quarta e quinta pagina sui giornali, già da lì possiamo capire che il fenomeno mediatico è scemato parecchio in confronto a pochi mesi fa, però sì a mio avviso, il la pandemia e il suo effetto sui mercati, vista attraverso il mondo finanziario, è finita. Già da ora iniziano ad esserci più contagi, che speriamo non aumentino, mi auguro di no, ma in questa società fatta di notizie e tribunali massmediatici come notizia è inflazionata e la pandemia economicamente è finita.
Una riflessione questa, che si basa su fonti storiche, di fatto storicamente le pandemie per virus influenzali, sono sempre durate di media dai 12 ai 24 mesi, come fu per l’Asiatica (1957/58), la Spagnola (1918/19), l’influenza di Hong Kong (1968/70), ecc. Quindi presumibilmente siamo verso la fase di risoluzione si spera, grazie anche al Green Pass che sarà obbligatorio in molti settori. A prescindere dai vari ideali di complottismo e distorsioni riguardanti l’avvento del COVID-19, la mia personale sensazione è, che questo virus, oltre ad aver messo in crisi sanitariamente tutto il mondo, è stato usato per resettare l’economia mondiale, mi spiego meglio.
La crisi del 2008-09 è stata la crisi che si portava dentro già quella del 2001, e su cui gravava la spada della sovrapproduzione. E che, col senno di poi, non fu affatto gestita bene. Per spiegami meglio: cosa serve per uscire da una crisi di sovrapproduzione? Per uscire da una cosa del genere ci sono diciamo due ricette importanti.
Il discorso sulle infrastrutture, è da specificare nella sua utilità e cioè che con i soldi dello Stato, con gli appalti si creano nuovi contesti e movimenti con Privati, che incrementando il lavoro, come ad esempio le assunzioni, che creando il volano per far ripartire l’economia. Ma per un discorso di mentalità accademica, non è stato fatto questo in Europa, perché nel 2008, le ricette usate furono quelle dell’offerta, non quelle della domanda. E quindi è stato sbagliato un po’ tutto, detta in modo semplicistico.
Nello specifico quando si ha una crisi di sovrapproduzione, in cui i paesi producono molto e si hanno meno consumi, come successe nel 2008, vanno messe in campo azioni risolutive e una delle ricette usate all’epoca fu diciamo, come veniva chiamata: L’AUSTERITY, un termine sbagliato, prendo una licenza in questo caso per rendere l’idea.
L’Austerity ha cercato di risolvere la crisi di sovrapproduzione, cioè poca domanda e tanta offerta, agendo però sull’offerta. Nello specifico: abbassare le tasse, abbassare i salari – ovvero abbassare i costi per creare profitti – produrre di più, ma non erano quelle le azioni da fare e il dato da tenere in considerazione. La mossa giusta doveva essere un intervento sull’incremento della domanda.
Tipo aumento degli stipendi e altre agevolazioni che non sono state fatte, ma anzi è stato tolto per incrementare l’offerta. Quindi tutto ciò non ha funzionato, un’amministrazione che non ho avuto i risultati dovuti per l’economia. Molto probabilmente era una politica tedesca che aveva degli intenti, tipica della tradizione weberiana, in riferimento al saggio: “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” di Max Weber.
Che però non ha portato risultati efficaci, anzi ha aggravato ed acutizzato ancora i più la crisi già in atto, perché in questo caso lo Stato è stato visto come un’azienda, costi, ricavati, che hanno definito una politica, che possiamo affermate, senza senso e ad oggi con l’avvento del COVID-19 è impensabile sostenerla e si può tranquillamente archiviare nel passato.
Il COVID ha permesso in tutto il mondo, di fermare le fabbriche e di cambiare, o riconvertire la produzione. Prendiamo ad esempio le pubblicità sulle automobili: prima del COVID-19 le classiche marche: Volkswagen, FIAT, Mercedes, Audi etc, erano a benzina e supportate da finanziamenti e incentivi, oltre ad avere un loro mercato, ma sempre più sofferente. Adesso con il COVID, soprattutto in questo periodo, con la tanto sospirata ripartenza, le auto come nuova offerta pubblicitaria sono tutte elettriche.
Quindi non si parla più di benzina, uguale-petrolio, ma si sta centrando l’attenzione su energie alternative, non che quelle a benzina non ci sono più, ma è un particolare su cui riflettere.
Un altro dato da tenere in considerazione, è quello che con lo scoppio del COVID molte aziende hanno potuto fermare la produzione, che prima era cosa impensabile, perché se una fabbrica come la Volkswagen avesse fermato la produzione, i concorrenti avrebbero preso più fette di mercato, perché un’azienda come è di logica, ha un certo lasso di tempo per creare nuovi mercati e nuove idee produttive, quindi, o si faceva tutti insieme questo fermo, o sarebbe stato il caos totale. Per non dire una guerra dei mercati.
Quindi questo aver sospeso tutto il mercato e soprattutto aver fermato la produzione, creando una conversione delle varie fabbriche e industrie, ha portato a smaltire la crisi del 2007-08, che aveva portato per 10 anni e più, a una sovrapproduzione come abbiamo detto. Un rivolgimento che ha dato modo all’economia di ripartire, ma non basandosi sul solito sistema, ma avendo avuto il tempo di creare un nuovo mondo, un nuovo modo di fare economia.
Che ha potuto reinventarsi verso qualcosa di più funzionale e non più basata su un’economia fatta di eccessi e di sfruttamento e solo di offerta, ma si spera sulla domanda, dunque in questo caso è fattibile affermare che c’è davvero una nuova economia su cui basare i nuovi investimenti e logicamente pensare che la pandemia economicamente è finita.
La crisi continua a persistere per via delle materie prime. Anche se si sta creando una nuova economia, perché nonostante il fermo delle fabbriche, e le riconversioni e quant’altro, oggi, per fare un esempio, se in produzione non si hanno auto elettriche, ma si avesse la possibilità di produrne a breve 200, perché potrebbe partire la catena di montaggio, se non si hanno materie prime, si crea una crisi di mercato e questo a 360° per tutti, perché tutti, in questo momento sono a richiedere materie prime.
E di fatto su questa nuova economia emergete, uno dei problemi da tenere in considerazione è proprio quello dell’approvvigionamento delle materie prime, e qui la Cina diventa protagonista, perché come materie prime, è proprietaria del 65-70% delle Terre Rare e delle estrazioni a livello mondiale del 90% delle stese. E le Terre Rare sono tutti quei metalli che servono per la tecnologia. Approfondisci l’argomento leggendo anche l’articolo: Investire nella Rete-5G.
Dunque la mancanza di approvvigionamento in questo momento, è derivato in primis dai Monopoli che si sono andati a creare, di fatto oggi è la Cina leder in questo, come ieri erano i paesi arabi con l’approvvigionamento del petrolio, quindi in questo senso non è cambiato nulla, sono solo cambiati i soggetti.
In secundis c’è da tenere presente che il COVID ha bloccato i trasporti, quindi le materie prime, ci sono e sono in stoccaggio, però nel paese in cui sono presenti. Quindi adesso c’è da riprendere il trasporto delle merci, lo stoccaggio delle merci, le logistiche e le spedizioni delle merci e di tutto il comparto affine. Quindi pian pianino, si è vero che il mercato si riprenderà, ma è anche vero che ci vuole un tempo di ripartenza non indifferente.
In questo caso potrebbe sembrare che a livello geopolitico chi è proprietario di queste materie prime, ha un potere immenso, come era, ed è l’OPEC, (Organization of the Petroleum Exporting Countries), il cartello dei produttori di petrolio, che decidono se tagliare o produrre di più, facendo salire di prezzo la domanda e l’offerta. Come è successo per la Shell, che ha perso mercato per la troppo offerta. Ma questo succedeva prima del COVID, l’importanza del petrolio e dei suoi derivati, come la plastica, adesso è un argomento che inizia ad essere spinoso, viste le necessarie tendenze green globali.
Il COVID ha effettivamente cambiato il mercato, la società, anche se quest’ultima stava già cambiando, ma questa trasformazione che abbiamo subito adesso, sarebbe comunque avvenuta più avanti, senza COVID, ma tra 5-6 anni, con tutti gli strascichi dei conflitti di interessi a seguito però.
Come ho sempre affermato nei miei articoli precedenti, ormai quel sistema economico e non solo, pre-COVID era sdraiato su un lettino d’ospedale con la flebo, perché stava morendo. Quel sistema che ci ha permesso di vivere, di crescere negli ultimi trent’anni ad ora, bene udite udite!! Quel sistema non esiste più. Perché il mondo e l’economia, lo sottolineo per l’ennesima volta, è diverso, questa è un’evoluzione com’è nella natura umana delle cose, perciò anche nella natura dell’economia. Il COVID in qualche modo è stata la scusa per risolvere, specialmente a livello manifatturiero, un cambio di passo, di mentalità, di paradigma, di produzione mettiamoci tutto insomma.
Una domanda azzeccata sarebbe: è dunque l’economia il motore per una strada nuova?. Di fatto non è un problema di economia fine a se stesso, ma è come se fossimo nell’anno dopo la fine di una guerra, cioè siamo come se fossimo nel 1945 in questo momento. Quindi l’economia va vista anche come quel motore, che va alla ricerca di una strada nuova, ma che in questo caso non è stata distrutta dalla Guerra.
Perché il discorso della sovrapproduzione, non permetteva di trovare quell’accordo per fermare e riflettere sul fatto: che il sistema non stava più funzionando. E c’era di fatto il bisogno di fermarsi per ripartire, ma in questo caso, anche se ci fossero stati gli accordi, ci sarebbe sempre stato il problema di quei soggetti più astuti, che in apparenza potevano accordarsi, ma che in concreto avrebbero fatto solo i loro interessi. Col COVID questo non è potuto succedere, poi succederà altro questo è poco ma sicuro.
Quindi dopo questo fermo eccezionale, c’è l’esigenza di ripartire e di materie prime che devono essere estratte, lavorate, portate e poi messo in produzione. Quindi è solamente questione di tempo, ma l’economia, se prima era in mercati specifici, adesso i mercati sono più ampi e completamente nuovi.
Il dato però più importante è che attualmente l’imprenditore è chiamato ad avere più immaginazione e creatività e di non basarsi su ciò che funzionava prima. Perché se un imprenditore oggi pensa di produrre ancora bicchieri come faceva pre-COVID, sarà dura per questo imprenditore.
Ma come è stato dimostrato, nel momento in cui ci sono stati i due Lockdown importanti, gli stessi imprenditori si sono reinventati per avere una nuova forma di commercio e hanno sperimentato che potevano guadagnare anche scardinando tutte le regole già esistenti, creando strade nuove e capacità di adattamento che mai si erano viste prima. Il delivery, ad esempio, è diventato fondamentale, ma lo sarà anche dopo. Le persone hanno scoperto, loro malgrado, che possono chiedere di mangiare a casa quello che normalmente mangiavano al ristorante, anche prima del COVID esisteva il delivery, ma la novità è che adesso è un’abitudine consolidata sopratutto per i ristoratori, perché le persone si sono reinventate un altro modo di vivere la loro quotidianità.
È pur vero che c’è stata una grande sofferenza, ma è vero anche che c’è stata una grande creatività messa in atto per sopravvivere. Creando mercati online, creando alternative al conosciuto. Diciamo che l’imprenditore, deve ora, trovare alternative, idee nuove, oltre l’arcinoto e a quello che già esiste e che non funziona più.
Basta pensare agli aperitivi fatti da un locale fiorentino, che non potendo farli per via dell’assembramento, si è inventato bustine monouso con una cannuccia per i cocktail, che permetteva di dare l’aperitivo e di vendere questo servizio, e il cliente poteva, camminando, bere il suo solito cocktail, questo è qualcosa di eccezionale. In teoria l’economia aveva bisogno di una spinta di questo genere. Solo che come tutti i cambiamenti, costano tantissimo, sia a livello sociale che umano e questa pandemia ha messo a dura prova l’umanità intera, ma bisogna rialzarsi e guardare in positivo al futuro, osservando quello che di eccezionale è successo e dare forme nuove, per non far cadere nel vuoto questo immenso sacrificio che abbiamo subito.
In pratica ci vogliono idee giuste, e creare qualcosa che oggi non c’è, com’è stato quando fu l’avvento di Internet, o di tutti quei cambiamenti, che hanno fatto sì che l’umanità facesse uno scatto verso qualcosa di nuovo. Ma non solo qualcosa di nuovo, ma riscoprire anche qualcosa che già esiste e che è stato lasciato indietro, tipo l’ambiente, il riciclaggio, lo sviluppo dei borghi che sono stati abbandonati, tutto quello che è a portata di mano, senza dover andare troppo lontano, ma che è sotto il naso ad esempio. Con uno sguardo nuovo si possono riavviare anche cose antiche, proiettate in un futuro completamente diverso.
Magari vecchi mestieri, tipo il calzolaio, il sarto, il settore manifatturiero, che con la grande distribuzione è stato massacrato. Una grande distribuzione che ha distrutto l’ambiente e di conseguenza adesso c’è bisogno di un’attenzione a quello che è la salvaguardia del pianeta, anche con una microeconomia rivolta al territorio, con le materie di quel territorio e sviluppate al meglio, per consumare meno, spendendo meno, riparare di più e quindi creando nuova linfa.
Tutto questo sfruttamento del pianeta, che in fondo è rotondo finito in sé, ha portato a tutto questo bisogno di cambiamento. Ma il pericolo del vecchio c’è sempre, di fatto in questo momento, con lo scioglimento dei ghiacci in atto, c’è una guerra per l’accaparramento dei nuovi appezzamenti al Polo Nord ad esempio. Questo perché è un territorio inesplorato e navigabile, che permetterebbe di ridurre la circumnavigazione di tantissimo tra Oriente e Occidente, che da 21 giorni, si ridurrebbe a 8 giorni. Perciò i paesi che sono fronte Polo Nord sono a gareggiare per chi si accaparrerà più territorio. Anche perché è pieno di materie prime. Tutti a mettere una bandierina e basi militari, una giostra infernale che si ripete.
Diciamo che è come la fine della Seconda Guerra Mondiale, che c’è tutto da ricostruire, ma che per fortuna non si è distrutto niente, non è stata una guerra in quel senso terribile e devastante per fortuna.
Diciamo che è una pagina bianca questo post-COVID. Perciò tornado al discorso iniziale, questo dover ripartire ricostruire, ha creato soluzioni sulla domanda, non più sulla offerta, anche perché l’offerta è cambiata, e quindi bisogna andare sulla domanda, visto che l’economia si basa sulla domanda e sull’offerta. Perciò se una persona ha bisogno di consumare, ha bisogno di avere dei soldi per fare questo, senno non consuma.
E una persona per consumare deve anche stare bene, mentalmente, e non deve aver paura della pandemia, perché anche se in un certo senso ha denaro, per paura non lo spende e si aliena, quindi l’economia non riparte, non va, ed è qui che la mia affermazione: “LA PANDEMIA ECONOMICAMENTE È FINITA PER I MERCATI FINANZIARI ” prende senso.
Ergo c’è da trovare un equilibrio ideale in cui nel mondo ci possa essere del lavoro in cui si possa guadagnare, non sempre meno, ma sempre di più. Una cosa da sottolineare, come mia idea personale, è che se tutti facessero un lavoro part-time, con adeguata remunerazione, il tempo che rimane lo si spenderebbe per se stessi e per le cose che servono e se si spende la domanda aumenta e indirettamente si crea l’offerta di beni.
Perciò l’offerta è dare più tempo libero all’uomo, che più consuma, più l’economia diventa virtuosa. In fondo tra non molto l’uomo sarà sostituito dalle macchine, ma non verrà sterminato, non sarebbe logico, per usare un’ironia.
Ad esempio non si può eliminare la scuola, la cultura e tutto ciò che fa parte del tempo libero e della crescita dell’uomo. Visto sotto questo punto di vista, ben venga la scuola, la cultura, il tempo libero che servono a far crescere grazie al tempo dedicato a queste attività. Che nel futuro saranno principali, perché se l’uomo avrà tempo, i settori da sviluppare saranno proprio quelli dell’intrattenimento, dell’istruzione e della cultura.
Un principio su cui basarsi è pensare che se un essere umano si annoia, rimugina, non guadagna, crea violenza, crea il malaffare, crea disagio sociale e via dicendo, ma se un essere umano ha degli hobby, degli interessi, che siano essi: teatro, sport, cultura etc, si impegnerà a migliorarsi e a migliorare ciò che ha intorno, ma bisogna che sia ben remunerato.
Perché se non lo è, oggi lavorerà 10-13 ore per una compagnia, domani lavorerà sempre le stesse ore, ma per tre compagnie diverse. Così aumenterà lo stress e non cambierà niente. E quindi c’è bisogno di trovare questo tipo di compromesso tra: la vita e il lavoro e soprattutto, un’economia che unisce questi due fattori principali dell’uomo.
E si ritorna all’inizio del discorso sull’offerta e sulla domanda, se nel 2008 ci si focalizzava sul fatto che l’offerta era produrre molto, ma si vendeva meno e guadagnava meno e qui la finanza comanda, perché se non si fa profitto, non si portano bilanci in positivo, crolla il mercato. Ma a cosa porta poi questo?
Porta come è successo, ad agisce sulla riduzione della produzione, ma dall’interno, cioè tagliando i costi pur di vendere, tagliando i costi del lavoro, che sono molto alti nei nostri paesi occidentali. Un circolo vizioso che si rifà sulla manodopera e sul dipendente. Ed è così che si è creato tutto quel mare magnum di contratti atipici, tipo i co.co.co, etc etc. Ed in questa maniera i salari si sono abbassati, creando più concorrenza a livello di manodopera, ma in negativo.
Prendiamo ad esempio il fenomeno della globalizzazione. A livello accademico quando fu dato il via alla globalizzazione, quindi la delocalizzazione, teoricamente era l’Occidente che sfruttava i paesi del terzo mondo. Manodopera a basso prezzo e via dicendo. Questa cosa però è stata controproducente nel momento in cui i paesi che sfruttati poi si sono sviluppati, e hanno iniziato a copiare il sistema occidentale, con riforme sulle leggi del lavoro, appello ai diritti umani, aumento salariale, di conseguenza all’Occidente non è andato più bene perché non faceva più profitti.
Quindi inizialmente la globalizzazione ha fatto diventare un po’ più ricchi i paesi poveri, ma successivamente ha impoverito i paesi ricchi, per via della concorrenza. In più gli Stati occidentali fatti ostaggio del ricatto da parte degli industriali: « O tu Stato mi fai abbassare i salari e il costo del lavoro, perché io devo fare profitti e il mio titolo deve crescere, oppure sposto in altri paesi le mie aziende!».
Mentre l’idea iniziale e nobile della globalizzazione era quella di alzare livello in tutto il mondo e l’ha fatto solo per un certo periodo, successivamente ha fatto riabbassare l’Occidente, e quindi la situazione attuale che si è venuta a creare sono salari da 6-5€ lordi. Ma gli Stati non sono a loro volta innocenti per come sono andate le cose nei secoli diciamo, basti pensare all’eterno traffico di esseri umani. I nuovi schiavi ora sono coperti dalla parola Immigrazione.
Torniamo a noi, stiamo analizzando grandi aziende e salari e manodopera, ma a cascata poi ne hanno e ne stanno risentendo tutte le attività più piccole come: bar, ristoranti, negozi, che fanno assunzioni a cifre assurde, creando ancora più sofferenza nel mercato del lavoro. E da inserire in questo discorso anche il debito dello Studente, come la crisi delle specializzazioni.
Di fatto i ragazzi universitari e professionisti specializzati, ad oggi vengono comparati a operai non specializzati. Perciò lo studio e la spesa per formare un lavoratore specializzato, diventa quasi un problema. Avere mansioni e specializzazioni creano competenze che vanno pagate, con contratti a cifre più alte che le aziende non possono e non vogliono permettersi, se possono poi, come gli è stato permesso, sfrattare col minimo investimento il massimo risultato.
Questo è uno dei problemi ad esempio dei paesi anglosassoni, perché mentre in Italia c’è ancora la scuola pubblica, buona o cattiva che sia, nei paesi anglosassoni esiste il debito dello studente. Uno studente studia per diventare un professionista specializzato, studiando e accumulando il debito per i suoi studi, con un ammontare di costi da 60-70.000 € circa.
Una volta che questi studenti si affacciano al mondo del lavoro e gli stipendi, se un un tempo erano altissimi e potevano permettere di ripagarsi il debito in poco tempo, adesso sono bassissimi e il debito non viene pagato e si crea malumore. Perché gli studenti divenuti lavoratori, si ritrovano un mutuo salato sul groppone per tutta la vita e quella laurea non la riscatteranno mai più, perché sarà sempre un debito che li perseguiterà a vita.
Questo è un sintomo del capitalismo, perché il capitalismo per come è strutturato porta all’abbassamento dei prezzi, sempre e su qualsiasi cosa che sia materiale o no. Perché è strutturato in quella maniera. E l’abbassamento dei prezzi poi fa queste conseguenze dirette o indirette sulla vita dell’uomo e sul sistema economico, dall’industria, agli operai, alla scuola, al debito dello studente e tanto altro.
Certo è che dalla parte del consumatore è meglio, perché compra sempre più cose a meno prezzo. Basta osservare: chi si poteva permettere una vacanza nei tempi passati? Solo gente di un certo livello economico, poi coi voli sempre più a basso costo, tutti si sono potuti permettere di girare il mondo in lungo e in largo.
Quindi nel capitalismo, come in tutte le cose ci sono il pro e il contro, però la sua tendenza è quella di riabbassare sempre di più i prezzi su qualsiasi cosa: bene, servizi, materiali. Si ritorna dunque all’idea che c’è bisogno di fantasia e creatività, perché se si creano servizi che prima non c’erano, si può spiccare il volo. E va da sé che in questa situazione lo sguardo è rivolto più all’interno del paese di abitazione.
È da osservare anche che il mercato non va preso come il mercato dei grandi magazzini, che hanno sempre la loro fetta di mercato. Sto affermando che è più importante adesso la capacità di creare nicchie di mercato. Tipo il mercato della canapa, che è diventata una nicchia elitaria, dal momento che va di moda se prodotto in Italia, con materiali italiani, manifattura italiana, dunque marchio l’eccedenza Made in Italy, diventa un bocconcino d’oro per tutti quei clienti attenti all’ambiente e a un certo tipo di Green Economy.
Ma se quella T-shirt di canapa viene fatta in Bangladesh, ecco che tutto si rompe di nuovo. C’è da fare dunque una considerazione importante, che quando un prodotto, o un settore va di moda come: il green, l’ecologico, il Bio, il mercato alternativo etc, tutti punteranno su queste diciture. Sia l’imprenditore innovativo, sia le vecchie guardie, con certificazioni false, rigiri fraudolenti, contraffazioni, come sempre succede quando un mercato va di moda.
Vedi il settore del caffè dove sfruttavano e sfruttano i bambini, ma che con le certificazioni contro lo sfruttamento, hanno continuato a fare produzione, ma essendoci pochi controlli diretti e quotidiani, o false certificazioni con etichette “no sfruttamento”, creano comunque un mercato pseudo di nicchia, ma che mantengono sempre 10% della produzione fatta da bambini, solo perché c’è una certificazione non controllata, s’intende non tutte le aziende di caffè sono fraudolente, è solo un esempio pratico per quelle che lo sono.
In questo discorso rientra il mercato dei vaccini per le case farmaceutiche. Anche il settore farmaceutico è soggetto ai mercati e alle sue regole, Prediamo ad esempio i brevetti del medicinali di base, che sono in scadenza, o sono scaduti, tipo l’aspirina, ed altri. Le case farmaceutiche si trovano ad un bivio per il loro commercio di medicinali. In più un tempo alcuni vaccini, come quello per la poliomielite ed altre malattie sono stati regalati all’umanità, mentre il vaccino per il COVID-19 è stato fatto pagare agli Stati da chi lo ha brevettato.
Questo potrebbe essere un problema di quelle case farmaceutiche che vogliono speculare, ma non è sempre tutto così, nel mondo ci sono anche case farmaceutiche con alti valori etici, è una medaglia con due facce quella bianca e quella nera. Come nei mercati normali c’è sempre un rischio di speculazione e scorrettezza, anche nel mercato della farmaceutica ci sono gli stessi identici principi.
Dipende sempre dalla persona che guida l’azienda, se è focalizzata solo sui profitti come vent’anni fa sì questo succede, ma se c’è un imprenditore che ha una mentalità che è del 2021, che pensa ad un futuro e ad un certo tipo di investimenti, no in questo caso non succederà. Perché i mercati stanno tirando in un’altra direzione, sono due aspetti che coesisteranno, ma non sarà la regola generale, come lo poteva essere prima, soprattutto in certi settori. Comunque per analizzare questo punto, basta ritornare al sistema capitalistico, il discorso dell’abbassamento dei prezzi a tutti costi. Che colpisce anche il settore farmaceutico.
Dunque non più profitti a basso costo, ma guadagni al giusto costo. Più che pensare a un complottismo, bisogna sempre vedere la domanda e l’offerta, i costi e i ricavati e tutto ciò che si è detto finora. Il dato principale è che molti si stanno rendono conto di questa nuova situazione, ma la ricetta è ancora, e si spera per poco, quella del profitto, e non quella del guadagno al giusto costo, ma diventa come sempre così un cane che si morde la coda, finché la maggior parte delle persone non inizierà ad agire in modo diverso con la propria economia e quella sociale.
Di conseguenza chi rimane ingabbiato nel vecchio sistema e sarà privo di fantasia, cercherà sempre solo una strada per fare profitti, che però è un sistema fallimentare, se visto con il senno del dopo COVID. Ma quell’imprenditore che avrà creatività lungimiranza e vorrà cavalcare mercati nuovi, situazioni completamente opposte, avrà sicuramente una strada nuova e anche un’etica nuova. Anche usando lo strumento della beneficenza, delle fondazioni, sistemi che danno credibilità in tutti i settore, se non usati in modo fraudolento.
Le persone hanno più fiducia in un imprenditore che è attento alla società e ai bisogni reali, che ad un imprenditore che ancora ha nella testa quell’idea di un certo tipo di commercio, che non fidelizza più il consumatore, soprattutto adesso dopo il COVID, in cui le persone hanno toccato con mano il bisogno reale di autenticità, in tutti i campi e settori.
Attualmente siamo in una società liquida, come disse Bauman, ed è tutto così talmente fluido, dove è difficilissimo dare delle etichette, mettere tutto in cassetti ordinati, ora catalogare diventa molto complesso. Anche il linguaggio e le descrizioni per determinare nuove strade sono da reinventare, perché ormai anche la terminologia dei mercati è esaurita e non si riesce più a dare nemmeno l’idea esatta di quel tipo di merce, o di quel tipo di servizio, perché è più ampio il concetto per ogni merce.
Perciò c’è da riscrivere anche il lessico dei nuovi mercati, perché adesso i mercati non sono fatti solo dei profitti, ma anche di concetti, perché la società si è evoluta e ha bisogno di parole che hanno un certo significato, una certo riscontro anche personale e ideologico e non soltanto di massa. Quindi diventa sempre più difficile anche comunicare, come si può attestare dagli anglosassoni, che si inventano continuamente parole nuove, per dare nuove descrizioni a queste nuove idee e a questi nuovi mercati. Ma anche i troppi inglesismi oramai iniziano a confondere. La pandemia economicamente è finita per i mercati finanziari, rendiamocene conto.